Comitato Dora/Spina3

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INTERVENTO AL CONVEGNO DEL 26.5.2007 SU SPINA 3 PROMOSSO DA CITTABELLA

I giganteschi casermoni di Ammerud, alti venti piani, lunghi cento metri, con mille persone ognuno, e tutti disposti in un terreno dove c’era nient’altro che quegli sterminati casermoni di cemento grigio, l’immagine di una società fredda e tecnologica fuor controllo… Contro tutto questo (gli architetti) avevano disegnato (la nuova città,) Romsas. Una città per ottomila persone. Che non dovevano essere schiacciate dalle mostruose macchine abitative in cui si trascinavano ogni sera. Una città intorno a una corte. Diversi piccoli borghi. Un insieme architettonico di palazzine più basse e piccole case. Con stradine intorno ai singoli borghi, sentieri. Tutta la zona sarebbe stata pedonale. La città sarebbe stata contornata da un’anulare, da cui strade di collegamento avrebbero portato ai singoli borghi e ai garage per parcheggiare le macchine. Da lì gli automobilisti avrebbero raggiunto a piedi il borgo, dove palazzi e case sarebbero stati disposti intorno a una corte, e lì i disegnatori a tavolino cercavano di coltivare la Vita, che è il rapporto tra gli esseri umani. I borghi erano dotati di scuole e asili. Piccole scuole e asili, appena fuori dalla porta di casa. Perfino aree industriali erano previste. Doveva diventare una città in cui ferve la vita. Ampie terrazze che portavano agli appartamenti….. All’esterno dei caseggiati si sarebbero costruiti spaziosi capanni di legno che potevano diventare stanze per hobby. Qui si sarebbe svolta la vita sociale. Tra i capanni, nella corte. Doveva brulicare di gente, nel sole del pomeriggio, donne che prendevano il caffè, uomini fermi a parlare tra loro accanto al banco della piallatrice, bambini che giocavano, un brulicante paese italiano ricreato in terra norvegese, qualche chilometro a nord del mostro di Ammerud. Tutta l’architettura doveva essere un inno alla vita in comune. La struttura architettonica doveva far piazza pulita di qualsiasi idea di solitudine e isolamento … Un brulicare di persone nella corte. Risate e grida. Tutt’intorno la pace della natura. Un meraviglioso posto per passeggiate….
(Dag Solstad, Tentativo di descrivere l’impenetrabile, Iperborea Edizioni, 1984)

SPINA 3: PERDUTA UN’OCCASIONE
DI PIANIFICAZIONE PARTECIPATA DEL TERRITORIO.

La dismissione delle grandi fabbriche del comprensorio industriale torinese lungo il corso della Dora ha comportato la perdita di migliaia di posti di lavoro, ma avrebbe potuto rappresentare un’opportunità per la città e anche per i quartieri storici che con quelle fabbriche avevano convissuto per decenni, patendone sì l’inquinamento, ma rappresentando anche luogo d’abitazione, di socialità e di appartenenza di quei lavoratori.

Il progetto di Spina tre avrebbe potuto essere un’occasione di urbanistica partecipata, se il territorio fosse stato considerato un “bene comune” e affidato ai cittadini e alle Circoscrizioni un ruolo di suggerimento e d’indirizzo preventivo, onde non riprodurre gli errori della urbanizzazione dissennata degli anni Sessanta.

Avrebbe potuto essere un’occasione di cambiamento attento ai valori dell’ambiente, con la costruzione di insediamenti diffusi e vivibili, a basso impatto ambientale, edificati con una logica di risparmio dei consumi energetici (ciò che è stato fatto solo in EnviPark) e ben serviti da mezzi pubblici e piste ciclabili.

Avrebbe potuto avere al centro la necessità di aggregazione dei cittadini, la socialità, la cultura, la conservazione della storia locale (in questo caso, la storia del lavoro nella grande industria) per farne un elemento di condivisione tra vecchi e nuovi residenti di uno spazio sentito come proprio.
E anche per questo dotato fin da subito delle essenziali strutture pubbliche diffuse sul territorio.

Invece in quel milione di metri quadri sulle due rive della Dora si è praticato finora un progetto che non favorisce nessuna delle esigenze elencate in precedenza.
Al contrario, e anche grazie all’iniziale assenza di qualsiasi nuova struttura pubblica, il tipo di costruzioni, o molto alte (e impattanti sulle vecchie case come le Torri di corso Mortara) e/o arroccate su se stesse, può creare le premesse per ulteriori rotture sociali (tra vecchi e nuovi residenti, tra case di prestigio e grattacieli “popolari”…) e, se non s’inverte da subito la tendenza a quartiere carente di servizi, il pericolo emergano presto disagi sociali.

Con ciò contraddicendo anche le enunciazioni di sviluppo sostenibile e di riqualificazione del territorio circostante per contribuire al miglioramento della qualità della vita di quel Programma di Riqualificazione Urbana, (avviato 10 anni fa e prorogato, nella sua validità programmatica, fino al 2013) a cui sono state destinate ingenti risorse pubbliche.
Risorse pubbliche che, tra oneri di urbanizzazione, fondi PRIU e ministeriali e comunali sono valutabili ad oggi in 132 milioni di €, a cui si aggiungono 30 M€ di risorse private.

Di questi 162 M€, se si escludono demolizioni, interventi viarii e parco (che avrà solo parzialmente la caratteristica di area verde tradizionalmente intesa) restano 13 M€ per i servizi sociali (istruzione e spazi attrezzati di verde pubblico) e cioè solo l’8% del totale.

Per quanto riguarda poi le opere finora effettivamente realizzate, a oltre cinque anni dall'insediamento dei primi abitanti in Spina 3,
il bilancio è scoraggiante: sono state attuate opere pubbliche per circa 100 M€, pari al 60% delle previste, mentre restano da avviare solamente il 17% degli interventi privati programmati, quelli del comprensorio Vitali.

Le principali opere pubbliche finora non realizzate (e sulle quali mancano certezze assolute sui tempi) sono il parco Dora (40 M€; progetto preliminare approvato a novembre 2005) e la viabilità del nuovo corso Mortara (oltre 25 M€ da realizzare su un totale di 35 M€; la cui attuazione è condizionata anche dai lavori del passante ferroviario), mentre il nido-materna-elementare in programma, tra l’altro l’unica opera pubblica effettivamente prevista nel progetto di Spina tre, deve ancora essere progettato ed ha dovuto essere parzialmente anticipato da alcune aule, operative da settembre al pian terreno dei palazzoni dell’area Vitali.

Infine la stombatura della Dora tra via Livorno e corso Principe Oddone (opera di primaria importanza per l'attuazione e fruizione di una parte consistente del parco e che è in agenda almeno dall'ottobre 2000) vede un continuo rimpallo di competenze tre Fiat, CimiMontubi-ex IRI ora Fintecna e Tribunale delle acque.

Se Spina tre è stata dunque sicuramente una opportunità di valorizzazione della rendita per le aziende coinvolte (dalle iniziali Ipercoop e Medusa alle imprese costruttrici private o cooperative) appare per il momento un insuccesso sul terreno sociale, anche a causa della sfasatura tra la realizzazione delle abitazioni (e la positiva assegnazione di alloggi di edilizia popolare, unico attivo finora del bilancio di Spina 3) e quella dei servizi.

Carenti sono state finora, nella vicenda di Spina tre, sia il ruolo di quelle Circoscrizioni che contribuiamo ad eleggere come istituzioni le più vicine ai cittadini che la capacità di ascolto e di autocritica da parte della macchina comunale: significativa in tal senso, l’assemblea pubblica del giugno 2005 presso lo Sporting Dora con più di 500 partecipanti, dove le Istituzioni ribadivano la validità di un progetto quasi senza strutture pubbliche, quasi si trattasse solo di facilitare, in una sorta di

marketing urbano, la vendita delle case in corso di costruzione.

Difficile recuperare appieno oggi una tale distorsione progettuale, mentre è già arrivata metà dei 14.000 previsti nuovi residenti, a cui l’unica offerta che non manca è quella di spazi commerciali come luoghi di consumo e di aggregazione alienata (ben 5 i nuovi supermercati aperti in zona, e sono ulteriormente previste le Gallerie commerciali Savigliano).

Ma forse è ancora possibile cambiare rotta.
A partire dal rilancio della pianificazione urbanistica e di un ruolo d’indirizzo più forte degli Enti pubblici democraticamente eletti, dalla dotazione di spazi e strutture pubbliche per ogni nuovo comprensorio, dalla sperimentazione di nuove forme di partecipazione vera e non clientelare dei cittadini alla Cosa Pubblica.
Riflettendo anche sul blocco dei progetti di nuove edificazioni in Spina tre, ove non definitivamente approvati.

Riprendendo in mano le priorità del territorio: adeguamento dell’offerta scolastica e sanitaria pubblica alle nuove necessità, centri d’incontro pubblici per giovani ed anziani (a ciò possono essere destinate le strutture sopravvissute del capannone ex-strippaggio di corso Mortara, affinché non diventino solo business delle associazioni culturali cittadine), strutture sportive (ai confini del futuro Parco), incremento delle corse dei trasporti pubblici (a ciò sarebbe utile uno studio della viabilità), parco verde e sicuro (stombato dalla lastra di cemento che i privati non hanno rimosso come impegnati a fare), piste ciclabili….
Priorità confermate dalle risposte al questionario distribuito dal Comitato Dora Spina tre ai residenti e i cui risultati sono visibili sul nostro sito.
Il tutto progettato con una vera partecipazione dal basso dei cittadini (che non sia solamente quella di richiedere fioriere, lampioni e panchine, cose che dovrebbero essere poste di norma), onde valorizzare un vero senso di appartenenza alla comunità.